Quadrato, cerchio, triangolo. Chiunque abbia studiato un minimo di comunicazione visiva si è imbattuto nell’analisi delle forme primarie, significato, percezione, utilizzo… Bruno Munari dedica un capitolo ad ognuna in “Arte come mestiere”, oppure, per rinfrescarsi la memoria, basta sfogliare “Teoria del campo – Corso di educazione alla visione” di Attilio Marcolli, e chissà quanti altri esempi si potrebbero citare.
Ma anche un bambino delle elementari alle prese con la geometria sa che un quadrato non è un rettangolo, un cerchio non è un ellisse.
Invece capita che nelle pagine di alcuni giornali succeda qualche strana magia e gli inserzionisti si trovino il logo circolare trasformato in ovale, il marchio quadrato allungato a rettangolo e così via.
Purtroppo non è un bizzarro sortilegio ma una cattiva abitudine che sta prendendo piede: se lo spazio pubblicitario non è della misura giusta perché disturbarsi ad avvisare il cliente o il grafico? Basta stretcharlo in lungo o in largo e il gioco è fatto. Poco importa se le foto diventeranno ridicole, con facce allungate, tetti aguzzi o alberi larghi come baobab “tanto chi vuoi che se ne accorga?”, quasi a confermare, allora, che i soldi è meglio spenderli da qualche altra parte.
Il motivo di questa trascuratezza? Forse per fare più in fretta, di certo anche per ignoranza. Ed è davvero un peccato trovare l’ennesima conferma che nel nostro Paese ci sia così poca cultura e rispetto per quello che è la comunicazione.
C’è chi, pur nel suo piccolo, cerca di fare le cose fatte bene, per amore del proprio mestiere e rispetto del cliente. Questi comportamenti ci ricordano invece il “prendi e scappa” dei borseggiatori. Il periodo non è certo il più felice, ma abbassare sempre la qualità alla lunga non paga e rovina il mercato.
Speriamo ci riflettano i “colleghi”, ai nostri clienti cerchiamo sempre di ricordarlo facendo al meglio il nostro lavoro, augurandoci che chi decide dove investire, agenzie e addetti al marketing, sappia tenerne conto.
Quadrato, cerchio, triangolo. Chiunque abbia studiato un minimo di comunicazione visiva si è imbattuto nell’analisi delle forme primarie, significato, percezione, utilizzo… Bruno Munari dedica un capitolo ad ognuna in “Arte come mestiere”, oppure, per rinfrescarsi la memoria, basta sfogliare “Teoria del campo – Corso di educazione alla visione” di Attilio Marcolli, e chissà quanti altri esempi si potrebbero citare.
Ma anche un bambino delle elementari alle prese con la geometria sa che un quadrato non è un rettangolo, un cerchio non è un ellisse.
Invece capita che nelle pagine di alcuni giornali succeda qualche strana magia e gli inserzionisti si trovino il logo circolare trasformato in ovale, il marchio quadrato allungato a rettangolo e così via.
Purtroppo non è un bizzarro sortilegio ma una cattiva abitudine che sta prendendo piede: se lo spazio pubblicitario non è della misura giusta perché disturbarsi ad avvisare il cliente o il grafico? Basta stretcharlo in lungo o in largo e il gioco è fatto. Poco importa se le foto diventeranno ridicole, con facce allungate, tetti aguzzi o alberi larghi come baobab “tanto chi vuoi che se ne accorga?”, quasi a confermare, allora, che i soldi è meglio spenderli da qualche altra parte.
Il motivo di questa trascuratezza? Forse per fare più in fretta, di certo anche per ignoranza. Ed è davvero un peccato trovare l’ennesima conferma che nel nostro Paese ci sia così poca cultura e rispetto per quello che è la comunicazione.
C’è chi, pur nel suo piccolo, cerca di fare le cose fatte bene, per amore del proprio mestiere e rispetto del cliente. Questi comportamenti ci ricordano invece il “prendi e scappa” dei borseggiatori. Il periodo non è certo il più felice, ma abbassare sempre la qualità alla lunga non paga e rovina il mercato.
Speriamo ci riflettano i “colleghi”, ai nostri clienti cerchiamo sempre di ricordarlo facendo al meglio il nostro lavoro, augurandoci che chi decide dove investire, agenzie e addetti al marketing, sappia tenerne conto.